KANT: IL BENE E IL MALE NELL’UOMO

L’UOMO È BUONO O È CATTIVO?

Il primo uomo, Adamo, è stato creato da Dio con una disposizione al bene. Ciò dimostra che lo stato originario dell’uomo è quello dell’innocenza e la sua caduta nel peccato, quindi nel male, è solo successiva a questo stato di purezza iniziale. Appare chiaro come il male non possa provenire da noi stessi, ovvero non è una disposizione originaria della nostra natura, in quanto non risiedeva nella natura del primo uomo. Adamo è stato dotato della libertà di scelta, del libero arbitrio, quindi è egli stesso che sceglie di cedere alla tentazione, di cadere nel peccato a causa di un traviamento. Ma attenzione! Il fatto che l’uomo, come ho spiegato, sia stato dotato di una disposizione originaria e naturale al bene, non implica che egli sia buono, in se stesso. Il fatto che sia stato creato per il bene non significa che egli cerca sempre di fare del bene. Egli sarà buono o cattivo solo dopo che avrà SCELTO di accogliere nella sua massima, ovvero nel suo principio supremo che regola ogni sua azione, il dovere. Quindi buoni o cattivi non si nasce, ma ci si diventa per scelta.

Con questa analisi sommaria delle origini bibliche dell’uomo, Kant cerca di farci comprendere come l’uomo sia in grado di scegliere se deve essere, o diventare, buono o cattivo moralmente. È abbastanza logico supporre che se l’uomo è caduto nel male solo per debolezza, allora egli può anche essere in grado di tornare al bene con fermezza e sacrificio. Infatti, nonostante questa caduta, nella nostra anima continua a risuonare sempre il comando morale: “dobbiamo diventare migliori”. Il filosofo tedesco attribuisce molto valore alla capacità umana del libero arbitrio. Ma perché l’uomo è libero di scegliere tra il bene e il male? La risposta è semplice. Perché se l’uomo non avesse la facoltà di scegliere tra il bene e il male morali, allora non si macchierebbe mai di nessuna colpa e non sarebbe mai moralmente buono o moralmente cattivo. Per rendere ancora più comprensibile questo passaggio kantiano sulla libertà di scelta, cito un autore che lo stesso filosofo prende ad esempio per chiarire meglio il libero arbitrio donato all’uomo da Dio. Erasmo da Rotterdam sosteneva, con molta acutezza, che se Dio ha donato le leggi all’uomo, allora ha donato a lui anche la possibilità di scegliere di seguirle o di trasgredirle. Se ci pensiamo bene, nella massima ormai divenuta popolare “le leggi sono fatte per essere trasgredite” c’è del vero. Secondo voi se Dio avesse voluto farci agire solo bene o solo male avrebbe mai consegnato a Mosè i comandamenti da rispettare? Direi che egli avrebbe potuto far agire l’umanità necessariamente, ovvero senza libero arbitrio.

LA DISPOSIZIONE INNATA E ORIGINARIA DELL’UOMO AL BENE

L’uomo è disposto naturalmente al bene attraverso tre diversi gradi:

- La sua disposizione all’animalità

- La sua disposizione all’umanità

- La sua disposizione alla personalità

La disposizione all’animalità nell’uomo indica il suo amore immediato e istintivo verso se stesso, verso la sua persona in quanto tale, senza dover ricorrere all’uso della ragione. Questa disposizione porta alla nostra conservazione, alla propagazione della specie attraverso l’istinto sessuale e al rapporto con gli altri. Tutto questo può condurre alla lussuria e al disprezzo delle leggi.

La disposizione all’umanità indica, invece, un amore di sé che, a differenza della precedente forma, richiede la ragione per poter mettere l’uomo in relazione con gli altri uomini. In questo caso particolare, l’uomo si giudica felice o infelice solo paragonando il suo benessere con le condizioni in cui versano gli altri. Egli non vuole concedere a nessuno la supremazia su di lui. Questo porta al desiderio di sottomettere tutti gli altri, il che sconfina nella gelosia e nella rivalità. Questi vizi non provengono dalla natura dell’uomo ma dal suo timore che gli altri possano acquistare una superiorità su di lui. Ciò significa che la superiorità sugli altri diventa un mezzo precauzionale.

La disposizione alla personalità risiede, invece, nel rispettare profondamente la legge morale, ovvero il comando supremo che ordina all’uomo di agire non in vista di uno scopo, ma solo perché lo DEVE fare.

TENDENZA AL MALE DELL’UOMO

Per iniziare al meglio questo paragrafo, bisogna pur rendere esplicito il significato che la parola tendenza assume in questo discorso kantiano sul male. Abbiamo visto precedentemente che il bene è una disposizione naturale presente nell’essere umano, ma allora cosa significa che il male è una tendenza? La tendenza è semplicemente una predisposizione a desiderare un godimento, che produce, a sua volta, una inclinazione verso quella cosa, che penso potrebbe arrecarmi godimento, non appena ne faccio esperienza. Quindi tendere a qualcosa non significa ancora aver provato l’effetto di quella cosa a cui miro, ma ne rimango attratto pur non conoscendola. Aggiunge Kant che la tendenza, quindi, non è un atto, ma un qualcosa che viene prima.

Compiere il male significa scegliere di allontanarsi dalla massima suprema della legge morale, il dovere. Ciò accade a causa di tre debolezze imputabili alla natura umana:

- Fragilità, ovvero la debolezza dell’uomo di mettere in pratica le buone massime

- Impurità, ovvero la tendenza di mescolare moventi immorali con moventi morali

- Corruzione, ovvero la tendenza di adottare e seguire delle massime cattive

L’uomo fragile accetta la legge buona ma non riesce poi a metterla in pratica.

L’uomo impuro, invece, agisce conformemente al dovere ma non esclusivamente per dovere, bensì per raggiungere degli scopi ben precisi.

L’uomo corrotto, infine, tende, anzitutto, a perseguire i propri scopi, mettendo da parte la legge morale.

Queste debolezze dell’essere umano chiarificano alla perfezione tutto il pensiero di Kant. L’essere umano, questo Kant lo tiene sempre presente, è legato non solo alla ragione, ma anche ai sensi. Ciò significa che l’uomo agisce spesso basandosi sulla sensibilità, invece di agire per il puro dovere della legge morale. Tuttavia egli, in molti casi, non si rende conto di questo e finisce per compiere azioni buone solo esternamente, perché conformi alla legge morale, ma mosse da un desiderio legato ai sensi e volte ad un fine non morale ma sensibile. Quindi l’uomo agisce inizialmente in buona fede, ma poi la sua fragilità non gli permette di mettere in pratica i suoi buoni propositi, la sua impurità lo porta a confondere i moventi giusti con quelli sbagliati e quindi arriva a realizzare un’azione conforme alla legge morale, ma che non deriva direttamente da essa. Io posso anche compiere un atto conforme alla legge, ma posso benissimo assumere come movente delle mie azioni un movente estraneo da quella legge a cui tanto mi ispiro. Il bugiardo che torna a dire la verità per riacquistare l’onore perduto, secondo voi, compie una buona azione? E il disonesto che torna ad essere onesto per ritrovare la quiete? In conclusione, ricapitolando il problema, l’amore di se stesso, assunto come principio di tutte le nostre massime è la sorgente del male.

Il male è quindi un qualcosa di strettamente legato alla natura umana, una tendenza alla trasgressione, mentre il bene, come ho accennato sopra, è una vera e propria disposizione naturale dell’essere umano. Appare chiaro come l’uomo sia sempre consapevole della legge morale, buona perché basata sul dovere, ma, tuttavia, egli decide spesso di allontanarsi da tale legge suprema. È quindi una tendenza moralmente cattiva che possiamo tranquillamente imputare all’uomo. Poiché l’uomo agisce liberamente, la tendenza al male, riguardando le sue scelte morali, deve poter essere a lui imputata come una colpa, in quanto egli vi cede.

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