UN AMORE ETERNO

Una vita di domande che attanagliavano le membra del bambino e che ancora assillano i pensieri di un ormai maturo Francesco. A volte mi chiedo se tutto quel riflettere su argomenti metafisici ed utopici abbia mai dato dei frutti succosi; la mia risposta è no. Ma come sarebbe stata un’adolescenza senza il rispetto per la mia diversità? Non posso rispondere, ma è facile comprendere che la vita scorre ininterrottamente nelle diverse arterie di ognuno di noi; fluisce in modo tortuoso in ogni individuo dotato di senno. La fortuna fu quella di avere il mio amico Giacomo al mio fianco, un tipo strambo anch’egli; talmente calmo da sfiorare l’apparenza della quiete interiore. Un sognatore come me, uno di quelli che si illudono di aver trovato una quadratura al cerchio e poi si accorgono che è solo la sua mera circonferenza. Ma poi arriva lei, la mia Lei. Rebecca mi appare sui banchi di scuola come nei telefilm di Giacomo; bella, sfuggente ed intrigante. Il mio pessimismo viene distrutto da una forza irrazionale che ancora non conosco; risulta spazzato via come del frumento nel vento. Poi c’è il silenzio: un buio nel quale brancolo attraverso la flebile speranza di giungere alla luce. Ma quando il barlume sembra inaccessibile, ecco che discerno un tramonto tinto di rosso. La linea che mi separava dalla sua anima si frantuma in mille segmenti; ora smetto di ottenerla e comincio ad amarla. Il destino baro mi ha portato prima alla sofferenza, poi alla felicità. Lestamente mi innamoro di un’altra musa inenarrabile: il potere del cinematografo. Per anni vedo film e non noto nulla; per secoli guardo senza vedere ed osservo senza afferrare: ma ora acquisto la vista. Mi ritrovo a drogarmi della sua luce: notte e giorno cicatrizzo gioie, dolori, sapori ed umori con il cinema. Libri, accessori, bobine, recensioni ed amore fusi nella pellicola della mia anima. Il bambino che ero, è diventato un uomo con un grande amico, con una donna che ama in profondità e con una passione che scandisce le ore del mio tempo terrestre. Ma un malore improvviso mi trascina d’urgenza in ospedale a Salerno. Quando il medico mi diagnostica il tumore, smetto di udire le sue parole per soffermarmi sulle sue labbra. Esse danzano sul pentagramma della mia morte imminente, senza remore ne bugie. Mia madre mi attende fuori dalla sala con un piatto di amore in grembo e un turbine di ammirazione in corpo; esco e le mento. Rebecca mi chiama e le mento; Giacomo non dovrà mai sapere nulla. I giorni con il mio amore non sono più gli stessi: i nostri progetti perderanno uno dei suoi artefici. Ma lei non lo sa. Continua ad amarmi e continuerebbe fino al termine della mia folle corsa, ma non ce la faccio; non posso arrecarle la sofferenza di perdermi in quel modo. Invento di non amarla, di non volerla più e le intimo di andarsene: lei gronda di lacrime vive. Questi fiumi di dolore le tonificano quelle gote che ho amato dal primo momento, in cui hanno riflesso il mio sguardo. Mi fa male pensarla avviluppata tra le braccia di un altro, fusa nuovamente in altri profili. Eppure lei non sa che il mio regalo è dentro di lei. Il frutto del mio amore vivrà al posto mio e la continuerà a fissare con quegli occhi azzurri che ne sancirono la resa amorosa. Le sue infanti labbra sfioreranno nuovamente i suoi seni, come feci io tanto tempo prima. La mia dipartita sarà dolce perché l’uomo con cui l’ho vista sposarsi, pensa di averle donato un figlio. La mia fine le farà capire tutto: il mio coraggio nel lasciarla per continuare a odorarne le foto, i ricordi e le vesti che ho conservato. Quando saprà che me ne sono andato in silenzio, udirà il mio grido nel cuore. Ma quando l’otto di Giugno darà alla luce un bambino, lo guarderà negli occhi e mi riconoscerà. Mi sarà grata di averla amata come nessuno mai; mi sarà grata per averla fatta innamorare come nessuno mai; ma io le sarò grato di avermi permesso di rinascere all’interno del suo corpo che mi ha cambiato la vita e l’eternità.